di
Pamela Caluss
Il lutto
Con il termine lutto si definisce l’emozione dolorosa che una persona prova per la morte di qualcuno di significativo: rappresenta una normale risposta alla perdita di una persona cara. Si parla di lutto non-complicato per definire la normale reazione alla perdita di una relazione importante ed è caratterizzata da sintomi simili a quelle di uno stato depressivo, come profonda tristezza, pianto, isolamento sociale, perdita di appetito, problemi del sonno, problemi scolastici e perdita di interesse nelle attività abituali che si risolvono in tempi brevi. I bambini sperimentano gli stessi stati affettivi dell’adulto nella perdita, anche se essi possono essere intermittenti.
Si parla invece di lutto complicato quando il dolore per la perdita di una persona cara e i sintomi sopra descritti durano a lungo e sono accompagnati da sintomi di stress post-traumatico: avviene per esempio quando la morte è avvenuta in modo inaspettato o violento.
In questi casi, nel bambino può svilupparsi quello che viene definito disturbo da lutto persistente complicato, che il DSM 5 (APA, 2014) definisce come una condizione in cui al dolore della perdita di una persona con cui si ha una relazione stretta si associa una compromissione psicosociale significativa, anche dopo 6 mesi dall’evento, con una persistente nostalgia della persona persa profondo dolore e forte preoccupazione per la persona deceduta. Inoltre, una caratteristica da valutare per fare diagnosi è se il lutto è avvenuto in una circostanza traumatica per l’individuo (morte improvvisa o omicidio, suicidio..). Tuttavia, è chiaro che per un bambino la morte di un caregiver primario sia di per sé un evento destabilizzante e traumatico anche in assenza di queste caratteristiche “traumatizzanti”. In presenza di questo disturbo, oltre ai “normali” sintomi di sofferenza connessi alla perdita, i bambini presentano sintomi da sisturbo post traumatico da stress, come immagini o pensieri intrusivi sull’evento occorso, disturbi del sonno, irritabilità o scoppi d’ira, difficoltà di concentrazione, paura di morire.
Come vivono il lutto i bambini
Il lutto di una persona cara rappresenta per tutti, adulti e bambini, un momento di cambiamenti significativi, sia esterni che interni. Oltre infatti ad affrontare la mancanza fisica della persona che se ne va (le coccole di un genitore, la nonna che ci veniva a prendere a scuola, un amico con cui giocare), ci sono tutta una serie di emozioni che, se non affrontate, possono cronicizzarsi e trasformarsi, come detto, in un vero e proprio disturbo.
In età evolutiva si vive questi cambiamenti con emozioni amplificate rispetto ad un adulto: il bambino, infatti, hanno bisogno di stabilità, ha bisogno di conoscere ciò che lo attende, e tutto ciò che non sa lo spaventa. Prorpio per questo motivo, è estremamente importante ascoltarlo, rispondere alle domande, dubbi, dedicare lui tutto il tempo di cui ha bisogno epr esprimere i suoi dubbi e le sue incertezze. Cosa fondamentale è assumere un atteggiamento sincero, spiegandogli non solo quello che è successo ma anche quello che lo attende. Molto spesso, infatti, si pensa che i bambini non siano in grado di affrontare questo tipo di notizie e si tende a nascondere, minimizzare, cono lo scopo di proteggerlo, non considerando invece che i bambini sanno leggere molto bene i nostr stati d’animo, le nostre emozioni, le nostre espressioni: se vengono quindi utilizzate parole adeguate in base all’età, i bambini riescono benissimo a comprendere il concetto di morte e a gestire tutto ciò che essa comporta. Tutto ciò può aiutarlo a affrontare e gestire le sue emozioni.
Ciò che i bambini capiscono del concetto di morte dipende anche dalla loro età, dal rapporto con la persona che se ne è andata, dalle sue caratteristiche personali.
Un bambino molto piccolo, che ancora non è in grado di comprendere del tutto ciò che accade e non ha padronanza di linguaggio, sentirà solamente una sensazione di disagio e confusione, e quello di cui ha bisogno sono abbracci e rassicurazioni. Crescendo, fino ai 5 anni circa, i bambini capiranno che la persona se ne è andata, ma crederano che essa possa tornare. Non è strano, inoltre, intorno ai 5 anni, che esprimano curiosità rispetto agli aspetti biologici e fisici della morte. A questa età possono provare emozioni contrastanti e essere arrabbiati con chi se ne è andato, e possono esternare il disagio attraverso irrequietezza, paura del distacco, scoppi di rabbia, capricci, maggiore richiesta di attenzione.
Intorno ai 7 anni e fino agli 11, la non completa capacità di riconoscere e gestire i propri stati emotivi, lo potrebbe portare ad esprimere il dolore o con comportamenti regressivi (pipì a letto, per esempio), o con comportamenti aggressivi rvolti o verso gli adulti o verso gli altri bambini. L’idea della morte si fa pian piano sempre più realistica, e l’attenzione ad aspetti quali la sepoltura e il funerale più incalzanti. Dagli 11 anni il concetto della morte è compreso come lo comprendono gli adulti, per questo il racconto e i dettagli devono essere forniti con estrema sincerità. Molte volte al racconto possono reagire con rabbia, ma è importante non lasciarsi spaventare da queste reazioni ma rassicurarlo, allontanando da lui emozioni quali paura che possa essere in quale modo colpa sua o paura che possa accadere a lui o ad altre persone significative.
Come aiutarli a superare il dolore
I bambini, in un momemto particolare come la perdita di una persona sognificativa, vanno aiutati e supportati, incoraggiati ad esprimere il loro dolore e la loro tristezza e a capirne i motivi.
L’accettazione di questo evento passa sicuramente dalla sua comprensione: spiegare quindi ciò che è accaduto (“adesso ha smesso di respirare, non soffre”) è sicuramente importante, così come lo è lo raccontare al bambino che quella persona sta per morire invece di comunicare la morte avvenuta, lo aiuta sicuramente a iniziare il processo di sperimentazione del dolore da parte del bimbo. Nel caso di una malattia, inoltre, è importante dare il tempo al bambino di “salutare” la persona che se ne sta andando, per aiutarlo a trascorrere con lei del tempo prezioso e risolvere qualsiasi cosa possa essere rimasta in sospeso.
Molto spesso, poi, al bambino viene negata la possibilità di partecipare al funerale, in quanto si ritiene un’occasione troppo carica di emozioni negative. Invece questo può aiutarlo a esprimere il proprio dolore e fare i conti con la propria sofferenza, a sentirsi parte di un momento che, seppur brutto, è comunque importante. E’ fondamentale, comunque, non forzare il bambino a partecipare al funerale: va spiegato lui cosa succederà, cosa lo aspetta, e aiutarlo a prendere una decisione. La partecipazione ad un evento del genere deve essere supportata dalla vicinanza di un adulto significativo, che gli possa assicurare supporto, sostegno emotivo.
Quando perde una persona cara, il bambino va incoraggiato a parlare, esprimere il dolore, ma anche va aiutato a “normalizzare” questi suoi sentimenti, aiutato a comprendere che è normale sentire la mancanza di chi ci ha lasciato ede esserne tristi, e che la morte non ha nulla a che vedere con lui: spesso infatti i bambini si sentono in colpa, provano sentimenti contrastanti e tendono a credere di aver fatto qualcosa che possa aver provocato la morte.
Infine, è importante riuscire ad utilizzare frasi corrette e un linguaggio quanto meno possibile fantasioso: dire per esempio “Giulia è partita per un lungo viaggio” o “Il papà è andato in cielo” crea false aspettative e sono frasi che risultano difficili da capire per un bambino che sa che il corpo è seppellito in un cimitero, per esempio. Anche dire che “Zia è morta perché era malata” può provocare paure irrazionali riguardo a semplici malanni.
Gli interventi per affrontare il lutto quando diventa complicato
La prima fase, quella di assessment, passa dall’osservazione di tutte quelle reazioni che possono essere indice di una sofferenza interna che il bambino non riesce a elaborare.
I campanelli di allarme che devo destarci attenzione sono comportamenti come per esempio il non volere andare a scuola per paura i allontanarsi dal genitore, evidenti comportamenti regressivi (enuresi, ridotta autonomia), mal di pancia, mal di testa, comportamneti aggressivi verso gli altri.
I bambini infatti esprimono molto del loro dolore attraverso questi loro comportamento: possono diventare irritabili, avere problemi di concentrazione, manifestare nuove paure o presentare insonnia o ipersonnia, mancanza di appetito oppure a scuola vivere un momentaneo calo del rendimento.
La fase di intervento può prevedere la messa in atto di varie tecinche, una delle quali è sicuramente l’EMDR, una tecnica utilizzata in origine per elaborare ricordi traumatici legati a singoli eventi e che si è poi affermata in psicoterapia per curare sintomi che sono quasi sempre legati ad esperienze sfavorevoli di vita. Oggi è considerato il trattamento evidence-based per il DPTS (Disturbo da Stress Post Traumatico) e si è dimostrato efficace non solo nell’elaborazione dei ricordi legati alla morte della persona cara ma anche al recupero dei ricordi positivi permettendo così al bambino di trovare il suo modo unico per mantenere la persona amata nel suo cuore. Intervenire con EMDR già dai primi momenti dopo una perdita importante per un bambino potrebbe facilitare il processo naturale di elaborazione e rafforzare le risorse del bambino.
Bibliografia
American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2014.
Di Pietro: L’Educazione Razionale Emotiva. http://www.educazione-emotiva.it/bambino-morte.htm
Pizzacani, L. (2017). Quando il lutto diventa patologico: il lutto complicato secondo il DSM-5.
https://www.stateofmind.it/2017/01/disturbo-da-lutto-persistente-complicato/
Simonetta, E. (2016). Esperienze traumativhe di vita in età evolutiva. EMDR come terapia. FrancoAngeli ed.