di
Chiara del Furia
Lo sviluppo del linguaggio varia da bambino a bambino, tale caratteristica è dovuta sia a predisposizioni personali sia a fattori ambientali come ad esempio, la presenza di un ambiente familiare ricco di stimoli, l’inserimento precoce a scuola o la presenza in famiglia di fratelli o sorelle.
Generalmente intorno ai 24 mesi un bambino possiede già un vocabolario di circa 100 parole e inizia a formare le prime frasi semplici che nella maggior parte dei casi sono associate ad un gesto indicativo o simbolico. Intorno ai 30 mesi di età solitamente si assiste ad una esplosione del linguaggio, in particolare del vocabolario del bambino: il numero di parole prodotte aumenta in breve tempo e il bambino inizia a produrre frasi di tre o più parole.
Intorno al terzo anno di età ci si potrebbe accorgere che il bambino non possieda ancora una produzione di parole adeguata secondo i parametri di sviluppo tipico, questo momento è molto importate e può rappresentare uno spartiacque tra l’appartenere ai cosiddetti “parlatori tardivi” o ai bambini con un probabile disturbo del linguaggio. È in questo momento dello sviluppo globale del bambino che una visita specialistica potrebbe risultare utile per i passi futuri.
Il disturbo del linguaggio si colloca nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) all’interno della categoria diagnostica dei Disturbi della Comunicazione insieme al disturbo fonetico-fonologico, al disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia (balbuzie), al disturbo della comunicazione pragmatica e al disturbo della comunicazione senza specificazione. Nell’attuale DSM 5 i disturbi della comunicazione trovano la loro collocazione nei disturbi del neurosviluppo e rappresentano una condizione frequente in età prescolare. In alcuni casi la difficoltà nello sviluppo del linguaggio si risolve spontaneamente col tempo, anche se alcune difficoltà nell’organizzazione del discorso possono continuare a presentarsi anche in età adulta. Il percorso che porta al conseguimento di un buon livello di sviluppo del linguaggio è segnato da cambiamenti a partire dai primi anni di vita fino al livello di competenza adulto che si manifesta solitamente durante l’adolescenza. Il disturbo del linguaggio emerge precocemente nel corso dello sviluppo tipico di un bambino, ma esiste una notevole variabilità nell’acquisizione di vocaboli e nella combinazione di parole che varia da individuo a individuo.
Le principali caratteristiche diagnostiche del disturbo del linguaggio sono le difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di diverse modalità del linguaggio, come ad esempio il linguaggio parlato, il linguaggio scritto o quello gestuale. Questo probabilmente si manifesta a causa di deficit della comprensione o della produzione che possono comprendere la presenza di un lessico ridotto, la limitata capacità di mettere insieme parole per formare delle frasi corrette, oppure una scarsa abilità nell’uso di parole o di frasi per spiegare o descrivere un argomento o una serie di eventi, ma anche per sostenere una semplice conversazione.
Per fare diagnosi di disturbo del linguaggio è necessario che le capacità di linguaggio siano al di sotto di quelle attese per l’età in maniera significativa, con conseguenze invalidanti sull’efficacia della comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o professionali.
Perché venga diagnosticata una difficoltà di linguaggio di questo tipo, non devono essere presenti difficoltà dell’udito o altra compromissione sensoriale, il bambino non deve essere portatore di disfunzioni motorie o di altre condizioni mediche legate a deficit come disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo.
Come indicato dal DSM 5 l’esordio dei sintomi deve avvenire nel periodo precoce dello sviluppo del bambino. È possibile che le prime parole e frasi del bambino abbiano un esordio ritardato nel tempo, il numero dei vocaboli generalmente è più limitato e meno vario di quello atteso per l’età, le frasi sono più brevi e semplici spesso con errori grammaticali soprattutto nell’uso dei verbi. Talvolta si possono riscontrare nel bambino difficoltà a trovare le parole, una scarsa comprensione dei sinonimi, spesso accade che deficit nella comprensione del linguaggio siano sottostimati poiché i bambini sono molto abili ad utilizzare le informazioni che derivano dal contesto per dedurre il significato di ciò che ascoltano.
In linea generale una diagnosi di disturbo del linguaggio si compone di una sintesi anamnestica del bambino acquisita attraverso il colloquio con i genitori, un’osservazione clinica diretta, meglio se in diversi ambiti di vita come ad esempio l’ambiente domestico e la scuola, ed infine i risultati dei test standardizzati utilizzati dagli specialisti per valutare le abilità del linguaggio e il livello di gravità del disturbo stesso.Comunemente in ambito clinico si riscontra una familiarità per difficoltà di questo tipo, anche mai diagnosticate in precedenza ma indicative di un livello di complessità espressiva o ricettiva del linguaggio. Può accadere di incontrare individui che, nonostante la difficoltà, nel corso degli anni si siano adattati al proprio linguaggio limitato, agli occhi degli altri semplicemente possono apparire come persone restie a parlare o timide.
Lo sviluppo e il decorso di questa difficoltà possono variare da individuo a individuo, generalmente dall’età di 4 anni le differenze individuali nelle competenze del linguaggio sono più stabili, più facilmente misurabili con test standardizzati e predittive degli esiti successivi. Probabilmente un disturbo del linguaggio diagnosticato all’età di 4 anni rimane piuttosto stabile nel tempo e può mantenersi nell’età adulta, sebbene nel corso dello sviluppo i punti di forza e di debolezza del linguaggio possono cambiare grazie a terapie e trattamenti specifici. Allo stesso tempo è utile distinguere il disturbo del linguaggio dalle normali variazioni del linguaggio legate allo sviluppo soprattutto prima dei 4 anni dove la distinzione può non essere di facile individuazione. Particolare attenzione deve essere posta nel caso di compromissione uditiva, di presenza di disabilità intellettiva, di disturbi neurologici o di regressione del linguaggio che in un bambino di età inferiore ai 3 anni potrebbe essere attribuibile anche al disturbo dello spettro autistico o di una specifica condizione neurologica, come ad esempio la sindrome di Landau-Kleffner.
Un intervento specifico, mirato e precoce permette al bambino di raggiungere una migliore padronanza linguistica superiore a quella che potremmo aspettarci dalla normale crescita e maturazione. Il trattamento del disturbo del linguaggio prevede percorsi di intervento riabilitativo di tipo logopedico, insieme ad incontri di Parent Training per i genitori che diventano protagonisti attivi dell’intervento riabilitativo del proprio bambino, grazie alle strategie psicoeducative fornite dallo specialista. Unitamente al percorso logopedico, in molti casi viene suggerito una terapia di sostegno psicologico o interventi di terapia in piccolo gruppo per il bambino. Tutti questi interventi sono pensati dagli specialisti con il fine non solo di potenziare le capacità comunicative del bambino a seconda delle difficoltà emerse in sede di valutazione ma anche di fornire un sopporto dedicato alla creazione di un ambiente favorevole e sereno. I colloqui di sostegno per i genitori sono molto utili per comprendere al meglio il funzionamento del proprio bambino e della sua difficoltà così da allentare le tensioni e lo stress nella coppia genitoriale e favorire un clima relazionale familiare che favorisca il trattamento e le strategie di apprendimento.
Bibliografia
American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
Sabbadini, L. (2013). Disturbi Specifici del linguaggio, disprassie e funzioni esecutive. NY: Springer