di
Francesca Batacchioli
“Allunga la mano e cerca di toccare i capelli, ma i capelli gli sfuggono e non riprova.
Si trova in presenza di qualcosa che lo intimidisce e lo turba.
Non ha paura: è solamente un qualcosa che avverte senza comprendere.
Non è un uomo come gli altri, ha gli occhi chiusi, la bocca socchiusa e non si muove.
Non può fare nulla per lui.
Si volta, si allontana.
Risale in lui un mostro senza dimensioni, ora.
Si allontana, ma sente di non poter più sfuggire ad un qualcosa che ormai è sorto dentro”
In questo estratto dagli appunti di un militare, che ha vissuto la prigionia durante la seconda guerra mondiale, compare un sentimento diffuso nelle persone che si sentono dei sopravvissuti ad eventi di particolare tragicità:
il senso di colpa della buona sorte (o del sopravvissuto)
Persone sopravvissute a deportazioni, attentati, incidenti, catastrofi naturali, malattie ed altri eventi drammatici, possono provare colpa poiché sentono di essere dei privilegiati a scapito di qualcun altro, senza avere particolari meriti che lo giustifichino, pur sapendo di non essere stati responsabili della sventura che ha colpito altri.
Quali elementi stanno alla base del “senso di colpa del sopravvissuto” o della “buona sorte”?
Di norma, nella mente di chi si sente in colpa è presente un quadro costituito da:
Un CARNEFICE (colpevole, responsabile) che ha causato un DANNO (offesa, o ferita, o morte, ma anche tradimento di un patto o di una norma, etc..) ad una VITTIMA (alla quale il danno è stato arrecato) (Castelfranchi et al. 1994).
Solitamente chi si sente in colpa assume che esiste una relazione di causa effetto tra la propria azione/omissione (o anche solo il desiderio di causare danno) e il danno (Mancini, 1997).
La colpa può essere più intensa quanto più il colpevole sente la responsabilità di non essersi comportato diversamente o di averne avuto la possibilità, riconosce grandi meriti alla vittima o percepisce il danno come molto grave.
La peculiarità del senso di colpa del sopravvissuto risiede nel fatto che il soggetto che lo prova NON necessariamente assume che:
1) ci sia un nesso di causa effetto tra il proprio comportamento e il danno alla vittima (nemmeno di aver desiderato che subisse un danno);
2) ha avuto la possibilità di agire diversamente per evitare il danno;
3) ha infranto una norma;
4) non ha riconosciuto abbastanza i meriti alla vittima.
Per provare un “senso di colpa del sopravvissuto” è sufficiente che il soggetto assuma l’esistenza di una discrepanza tra le “fortune” che sente di avere rispetto ad un altro (o ad altri) meno fortunati, che hanno subito un danno. Egli si chiede “perché lui no e io sì?” e sente che non c’è stata una giustizia moralmente equa, non c’è un proprio merito superiore a quello della vittima, che riescano a dare una risposta a questa domanda.
Il senso di colpa del sopravvissuto gioca un ruolo chiave in diverse tipologie di sofferenza psicologica.
A titolo esemplificativo riportiamo un esempio clinico:
Ciò che emerge nei primi colloqui di Alberto, un giovane adulto che giunge in terapia dopo aver perso tragicamente il padre in un incidente sul lavoro è che, pur riconoscendo di non aver causato o desiderato la sua morte, si sente in colpa per i benefici che l’evento ha comportato per lui. Dopo il fatto, il giovane viene risarcito dall’assicurazione, come sua madre e suo fratello maggiore: la madre ed il fratello però non hanno potuto studiare poiché precedentemente non c’era grande disponibilità economica, quindi sente di non meritare questi soldi che a lui consentono di intraprendere gli studi universitari, di portare avanti progetti artistici. Alberto, essendo il più giovane, ha inoltre ricevuto molte attenzioni da parte di tante persone, anche di ragazze, per quello che gli era successo: questa attenzioni lo hanno fatto felice, ma sente di non aver meritato neanche questo.
Alberto si sente un privilegiato a scapito del padre e rispetto agli altri familiari, senza avere particolari meriti che lo giustifichino, non tollera di avere la possibilità di essere più felice e fortunato di loro. Il paziente è spesso bloccato nel fare scelte per lui proficue, nell’investire su ciò che vorrebbe realizzare, talvolta compie un auto-sabotaggio di relazioni sentimentali soddisfacenti o di piani di azione volti a raggiungere propri scopi sani. Alberto si comporta in modo da abbassare le proprie “fortune”. Questo lo fa sentire spesso strano, ansioso, triste.
Siamo di fronte ad un senso di colpa della buona sorte, generato da un confronto con i familiari che vengono considerati più sfortunati; ciò genera e mantiene in Alberto la sensazione di non aver diritto ad un benessere e ad una realizzazione personale superiore a quella che sente di meritare non più degli altri.
Come affrontare il senso di colpa del sopravvissuto?
La psicoterapia cognitivo comportamentale dispone di numerose strategie di intervento per il trattamento dei pazienti con sofferenza legata al senso di colpa del sopravvissuto.
La ristrutturazione cognitiva, ad esempio è volta a modificare credenze patogene (es: “avere più fortuna o più successo di una persona cara è ingiusto”) e i sensi di colpa ad esse connessi, che ostacolano il perseguimento di progetti volti al proprio benessere.
Le tecniche immaginative, tra le quali l’imagery rescripting, perseguono l’obiettivo di aiutare il paziente ad apportare cambiamenti nel copione dei propri vissuti legati agli episodi drammatici, o ad eventi avvenuti in precedenza, che lo hanno reso più predisposto a sperimentare la colpa.
Le terapie cognitivo comportamentali di terza generazione, come la Compassion Therapy e l’Acceptance and Commitment Therapy, possono risultare molto utili ad aiutare il paziente a sentirsi più compassionevole e meno giudicante nei confronti di sé stesso, ad aumentare la sua capacità di accettare ed attraversare pensieri e sentimenti dolorosi, senza sentirsi bloccato nel perseguire i propri scopi sani e piacevoli.
Bibliografia:
Gilbert, P., Procter, S. (2006), Compassionate mind training for people with high shame and self-criticism: Overview and pilot study of a group therapy approach. In Clinical Psychology and Psychotherapy, 13, 353-379.
Mancini, F. (1997). Il senso di colpa: un’analisi cognitiva. Psicoterapia, 9,12 – 27.
Mancini, F. (2008). I sensi di colpa altruistico e deontologico. Cognitivismo Clinico, 5, 123-144.
Murray H., et al. (2020). Treatment of survivor guilt after trauma using imagery rescripting: a proof-of-concept study Behavioural and Cognitive Psychotherapy, BRIEF CLINICAL REPORT, page 1 of 5.
https://cognitivismo.com/2017/03/10/sensi-di-colpa-e-psicoterapia/
https://www.apc.it/wp-content/uploads/2013/06/4-MANCINI.pdf
http://www.psicoterapia-cognitiva.it/il-peso-della-colpa/
https://www.stateofmind.it/2014/10/sindrome-sopravvissuto-trappola-responsabilita/