di
Andreina Arcuri

 

Il 17 maggio si è celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. L’obiettivo è quello di promuovere eventi internazionali di sensibilizzazione e prevenzione a favore dell’uguaglianza, della giustizia e della non discriminazione per tutte le persone, a prescindere dal loro orientamento sessuale e dalla loro identità di genere. I principi a cui si ispira la giornata sono quelli costitutivi sia dell’Unione Europea sia della Costituzione italiana: il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’uguaglianza fra tutti i cittadini e la non discriminazione. La data fa riferimento al 17 maggio 1990, quando l’Organizzazione Mondiale della sanità rimosse l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali e la prima giornata internazionale di lotta risale al 2004. Questa data è stata scelta per ricordare che esistono ancora oggi discriminazioni nei confronti delle persone gay, lesbiche, trans, bisessuali e che vanno combattute, in ogni loro forma. Non è solo un momento celebrativo, ma anche e soprattutto di riflessione per tutti e uno stimolo per chi riveste ruoli istituzionali, ad attivarsi per favorire l’inclusione e il rispetto delle persone.

“Mi sono accorto di essere gay durante il periodo delle scuole superiori. Io già dall’asilo cominciai ad essere attratto dagli altri maschietti, poi quest’attrazione continuò anche alle elementari e intorno ai 15 anni capii di essere attratto dagli uomini. Inizialmente era solo un desiderio, poi ho conosciuto una persona tramite una chat e ho avuto la mia prima esperienza omosessuale. Ho avuto difficoltà ad emergere in questo contesto, perché non volevo far scoprire alle altre persone chi fossi; proprio lì ho subito le prime discriminazioni. Mi ricordo che più volte mi veniva fatta a scuola la battuta del tipo “in quale bagno vai ora?”. Lì per lì non combattevo, mi sentivo male ed estraniato dal gruppo. In famiglia lo annunciai con una bella botta: dissi “mamma io giovedì devo uscire con un ragazzo”. Fu una rivoluzione per me, perché prima ero molto timido ed avevo paura di aprirmi agli altri, poi mi sono mostrato per quello che ero. Mia mamma si preoccupò soprattutto del giudizio delle altre persone, ma non mi discriminò per la mia omosessualità, perché ha una grande fiducia in me. Ora conosce tutti i miei amici, è molto accogliente e in famiglia è diventata anche lei un’attivista. L’unica cosa che le è rimasta è il timore di dirlo a mio padre: io non ho mai trovato a mia volta l’esigenza di dirglielo, lui non è un padre padrone e in effetti sono sicuro che in cuor suo lo sappia…Penso che l’omofobia derivi spesso dalla paura, anche dal pensiero tuo di non essere normale. Quando ebbi il mio primo rapporto omosessuale io mi sentii sbagliato, mi sentii in colpa, perché pensavo che quella cosa fosse sbagliata. Nella società in effetti è considerata una cosa sbagliata. Per me quel rapporto era piacevole, ma sentivo comunque un fuoco all’interno e cominciavo a farmi mille domande: volevo andare via e finivo per isolarmi le prime volte. All’inizio non ne parlavo, poi grazie al confronto con i miei amici capii che anche gli altri la pensavano come me, capii che era una cosa comune e normale, così cominciai a sentirmi bene con me stesso e con i miei partner…Ho subito bullismo alle scuole medie: alcuni amici mi prendevano in giro. Io però riuscivo a fare come se niente fosse, mi ferivano e non riuscivo a vivere la mia vita normalmente.”

Questa è la storia di G. un ragazzo omosessuale che ha dovuto lottare per accettare la propria identità e sentirsi accettato dagli altri. Il suo racconto è solo uno dei tanti e ci fa capire quanto ancora oggi tante persone soffrono a causa delle discriminazioni sessuali.

L’omofobia è la paura e l’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (LGBT).  La parola deriva dal greco: “phobia”, ovvero “paura incontrollabile”, e “homos”, che vuol dire “lo stesso”. L’omofobia è quindi la paura, o l’avversione irrazionale, per tutto ciò che riguarda l’omosessualità, la bisessualità e la transessualità. Equiparabile al razzismo e alla xenofobia, genera discriminazione ingiustificata e sofferenza. Tale paura sfocia in odio, avversione, discriminazione basati su pregiudizi e stereotipi per cui l’unione fra due persone è tollerata solo se si tratta di un uomo e una donna.

L’omofobia non è un atteggiamento innato ma un pregiudizio culturalmente acquisito. Fin dalla nascita noi tutti siamo esposti ai valori e alle credenze della cultura in cui siamo immersi; è così che sviluppiamo pensieri e convinzioni su come funziona il mondo, su cosa è giusto e cosa è sbagliato, su ciò che è lecito e su ciò che non lo è.

Nonostante siano passati più di 30 anni i pregiudizi sono ancora tanti. In 67 Paesi i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso sono puniti per legge con pene carcerarie fino all’ergastolo. Numero che, in realtà, va portato a 69 considerando che in Egitto e Iraq sono criminalizzati de facto. In cinque Paesi vige inoltre la pena di morte: mentre in tre di essi (Arabia Saudita, Iran, Yemen) essa è applicata sull’intero territorio statale, negli altri due (Somalia e Nigeria) solo in alcune specifiche province. In altri sei, infine, cioè Afghanistan, Brunei, Emirati Arabi, Mauritania, Pakistan, Qatar ne è contemplata la possibilità anche se da tempo non è irrogata a chi si macchiasse di “sodomia”.

Ma il nostro paese non è da meno. I casi di violenza e discriminazione verso le persone con un altro orientamento sessuale sono un’emergenza anche in Italia, come spesso attestano le cronache.

La rainbow map 2022, la classifica europea stilata da ILGA Europe che misura il livello dei diritti delle persone Lgbt, ci posiziona al ventiduesimo posto, persino dopo l’Ungheria di Orbán, dove lo scorso giugno è stato approvato il Child Protection Act, una legge che impedisce di fare formazione ai minori su orientamento e identità sessuale.

Secondo l’ultimo rapporto ISTAT-UNAR in materia di discriminazioni lavorative nei confronti di queste persone, un intervistato su cinque ha dichiarato che almeno una volta il suo orientamento è stato causa di svantaggio rispetto a carriera e avanzamento professionale.

Allo stesso modo una persona su cinque dichiara di aver ricevuto almeno una volta una molestia, un’aggressione o di subire un clima ostile, con un’incidenza maggiore tra le donne. Mentre una persona su due sceglie di non rivelare il suo orientamento sessuale per paura delle conseguenze.

Lo stesso difficile cammino parlamentare della legge contro l’omofobia in Italia è testimonianza di quanta resistenza vi sia nel prendere atto e contrastare con efficacia un fenomeno reale e consistente di pregiudizio e discriminazione a danno delle persone omosessuali. Nonostante la forte sensibilizzazione su questo problema, il DDL Zan, un disegno di legge che prevede misure di prevenzione della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale e sulla disabilità e che era stato approvato dalla Camera e rinviato al Senato, è stata annullato perché ritenuto “non prioritario”.

In aggiunta a tutto questo, va considerato che la paura del “diverso” è qualcosa di radicato nell’animo umano.

Nella storia del mondo individui o gruppi sociali che si differenziavano dalla maggioranza dominante, ad esempio per il colore della pelle, per il credo religioso, per il sesso, sono stati vittime di fenomeni di oppressione, di un atteggiamento generalizzato di diffidenza o disprezzo. Inoltre, i cambiamenti sociali a cui assistiamo (maggiore integrazione razziale, maggiore visibilità degli omosessuali, legalizzazione dei matrimoni gay in larga parte del mondo occidentale) possono stimolare ulteriormente la paura del cambiamento e rendere, perciò, alcuni individui più sospettosi e ostili e, quindi, più inclini a sviluppare sentimenti omofobici.

È infatti fin dalle prime fasi di vita, e dunque ancor prima della scoperta della propria identità sessuale, che ha luogo l’acquisizione, derivata dall’ambiente circostante, delle convinzioni di base riguardo ai ruoli di genere. Molto prima di avere una reale comprensione di cosa significhi essere omosessuale, i bambini hanno ricevuto un set d’informazioni eterosessiste che vengono codificate nella convinzione che un orientamento non eterosessuale sia qualcosa di sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune.

Da un punto di vista psicologico, l’avversione o la diffidenza nei confronti di gay e lesbiche deriva dalla preoccupazione per un disordine, qualcosa di “fuori posto” rispetto all’identità e ai ruoli di genere, una sorta di disagio all’idea che vi sia qualcosa di “femminile” in un uomo e di “maschile” in una donna. In una società fortemente eterosessista è difficile riconoscere e sviluppare un positivo orientamento sessuale e poterlo svelare normalmente agli altri.

Soprattutto per i soggetti che si trovano ai primi stadi del processo di formazione d’identità omosessuale, la percezione di un ambiente familiare e sociale repressivo può portare ad interiorizzare pensieri e sentimenti negativi nei confronti dell’omosessualità. Tali vissuti possono esprimersi sul piano psicologico attraverso la vergogna e il senso di colpa, la bassa autostima e la scarsa accettazione di sé. È necessario incoraggiare il bambino o l’adolescente a sentirsi bene con sé stesso, resistendo alla tentazione di denigrarsi a sua volta (omofobia interiorizzata), valutando negativamente i propri pensieri e sentimenti, solo perché diversi da quelli della maggioranza.

La discriminazione omofobica portata avanti da scuola e società espone, purtroppo, a un maggior rischio di disturbi dell’umore, uso di sostanze, oltre che suicidio.

Per prevenire o moderare l’omofobia è importante che si diffonda un’educazione sentimentale e sessuale che insegni fin da piccoli a non avere paura di se stessi, delle proprie emozioni, dei desideri e delle differenze con gli altri; perché le persone purtroppo non sono ancora tutte libere di essere e il compito di una amministrazione non è solo quello di promuovere la libertà, garantita in primis dalla Costituzione, ma di diffondere una cultura aperta e inclusiva e di lavorare costantemente, nella società a partire dalla scuola, per rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di quella libertà.

In occasione della ricorrenza di quest’anno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affermato che “occorre educare a una cultura della non discriminazione, per costruire una comunità che metta al bando ogni forma di prevaricazione radicata nel rifiuto delle differenze”.

Dovremmo impegnarci tutti ad abbattere stereotipi, ad eliminare ogni tipo di violenza fisica o psichica e costruire una società fatta di persone uguali, ma allo stesso tempo diverse e considerare questa diversità come qualcosa che rende unico ognuno di noi, ma soprattutto creare una società che scelga sempre l’amore, in tutte le sue forme, perché l’amore non nasce tra sessi, ma tra persone.

 

Bibliografia

Graglia, M. (2012). Omofobia. Strumenti di analisi e di intervento. Carocci editore, Roma.

ILGA-Europe, Annual Review of the Human Rights Situation of Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex People in Europe 2022.

Regis, F. (2008). L’amore forte. Editori Riuniti University Press, Roma.