Le emozioni che covano sotto la cenere al di sotto della soglia della consapevolezza

possono avere un impatto potente sul nostro modo di percepire e reagire,

anche se non ce ne rendiamo conto”

(Goleman,  2011)

La violenza fra gli adolescenti, le dinamiche aggressive che si instaurano con facilità all’interno del gruppo dei pari o del rapporto di coppia e omicidi familiari sono fatti di cronaca che risuonano nella quotidianità. Tutto questo indica che giovani adolescenti si stanno avvicinando all’età adulta con carenze relative all’autocontrollo, all’empatia, alla capacità di gestire la propria collera, alla negoziazione e al controllo dei conflitti.

Tale riflessione suggerisce la necessità di insegnare e potenziare tutte quelle abilità che compongono l’intelligenza emotiva.

Salovey e Mayer (1990) sono stati i primi a elaborare il concetto di intelligenza emotiva, definendola come una specifica abilità cognitiva di elaborazione delle informazioni emotive, che riguarda quattro ambiti: abilità di percepire, valutare ed esprimere accuratamente le emozioni; abilità di generare e utilizzare sentimenti al fine di facilitare le attività cognitive e i comportamenti adattivi; conoscenza delle emozioni, del modo in cui si evolvono, si trasformano o si combinano tra loro; abilità di gestire le emozioni in se stessi e nelle relazioni con gli altri.

Il fascino di tale concetto ha sollecitato un proficuo numero di contributi teorici, tra cui emerge il modello di Goleman (1995), secondo il quale l’IE è un insieme di competenze e caratteristiche di personalità: autoconsapevolezza, empatia, ottimismo, felicità. A prescindere dal modello teorico di riferimento, vari studi hanno dimostrato l’importanza dell’intelligenza emotiva per il benessere e la qualità della vita, per il successo scolastico, accademico e professionale (De Caro e D’Amico, 2008).

Le abilità relative all’intelligenza emotiva possono essere sviluppate e potenziate, se non le coltiviamo rischiamo di educare individui con un intelletto limitato che inevitabilmente si troveranno a scontrarsi con numerose difficoltà lungo il percorso della loro vita.

Si intravede la possibilità di un futuro più sereno aumentando l’autoregolazione e la consapevolezza di emozioni negative, sviluppando un atteggiamento perseverante nonostante le frustrazioni, conservando una buona dose di ottimismo e incrementando la capacità di mettersi nei panni dell’altro.

I bambini possono apprendere a percepire, usare, comprendere e gestire le loro emozioni, sia sul piano individuale che nelle relazioni con gli altri, all’interno di un setting terapeutico in modo da renderli maggiormente capaci di affrontare situazioni esterne. Anche i genitori possono essere sostenuti e aiutati in modo da promuovere l’intelligenza emotiva nei loro figli e porsi come modello evolutivo per il riconoscimento e gestione delle emozioni. Molto spesso nel percorso terapeutico, come primo step, si aiutano i genitori a elaborare le loro emozioni non comprese, di cui hanno scarsa consapevolezza. Un bambino che fa esperienza di una madre molto ansiosa, depressa o arrabbiata è molto probabile che impari precocemente ad autocontenersi. L’autocontenimento non porta mai a risultati positivi e prima o poi la tensione accumulata da questi bambini irromperà all’esterno assumendo varie forme: preoccupazione, disturbi del comportamento, scoppi di rabbia, incapacità di concentrazione, enuresi, malattie, incubi, fobie, ossessioni.

Quando i genitori non sono consapevoli delle proprie emozioni è molto difficile che il bambino riesca ad esprimere le sue. All’interno di alcune famiglie determinate emozioni sono bene accolte mentre altre come ad esempio la rabbia e la paura non vengono espresse, il bambino crescendo in tale ambiente si costruirà l’idea che è meglio non manifestare tali emozioni. Non avrà occasione per apprendere che quando si è impauriti o arrabbiati, parlarne con qualcuno che ci può capire e aiutare, permetterà di affrontare tali emozioni con successo. Per quanto creino sofferenza le emozioni negative sono utili indicatori per comprendere i nostri bisogni, prendere decisioni, scegliere come comportarsi. Per il benessere del bambino è fondamentale renderlo in grado di convivere con le sue emozioni dolorose in modo che sappia guardarle, tenerle in considerazione e comprenderle, senza che senta il bisogno impellente di sbarazzarsene, trasformandole in un comportamento autodistruttivo o in un sintomo nevrotico. Proteggere troppo i bambini dalle esperienze di vita spiacevoli, dalle frustrazioni quotidiane per vederli sempre felici e mai in preda alla tristezza o alla rabbia può rivelarsi dannoso. Per quanto sia desiderabile non è possibile preservare il bambino dalla sofferenza, di conseguenza è più utile sviluppare in lui abilità per affrontarla senza farsene schiacciare. L’infanzia rappresenta una porta aperta, una circostanza favorevole per improntare le abilità emotive destinate a sostenere l’individuo nell’arco di tutta la sua esistenza.

(Francesca Solito)

 

Lettura consigliata per i genitori

Il linguaggio del cuore. Riconoscere e accettare le emozioni dei propri figli e accompagnarli nella crescita di Claudia Perdighe.

 

Riferimenti bibliografici

De Caro, T. & D’Amico, A. (2008), L’intelligenza emotiva: rassegna dei principali modelli teorici, degli strumenti di valutazione e dei primi risultati di ricerca, Giornale Italiano di Psicologia, 4.

Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence. New York: Bantam, (Trad. it. Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2011).

Perdighe, C. (2015). Il linguaggio del cuore. Riconoscere e accettare le emozioni dei propri figli e accompagnarli nella crescita. Trento: Erickson.

Salovey, P. & Mayer, J. D. (1990). Emotional intelligence. Imagination Cognition and Personality 9, 185-211.

Sunderland, M. (2010). Aiutare i bambini…a esprimere le emozioni. Trento: Erickson.

 

 

 

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