di Giulia Paradisi

 

Leonardo è un ragazzo di 27 anni. A 15 anni avvenne il primo episodio di ansia sociale: “Un giorno la professoressa di lettere mi chiede di leggere in classe a voce alta un brano, come spesso accadeva. Inizio a leggere ma all’improvviso è come se non riuscissi più a respirare e mi blocco, sento il battito accelerato, divento rosso, inizio a sudare e a sentirmi goffo. Da quel momento in poi ho iniziato ad avere timore delle situazioni in cui c’era la possibilità di leggere di fronte ad un pubblico per timore di ripetere la stessa figuraccia. Continuo la mia vita senza espormi troppo, evitando le situazioni “pericolose”.

Ancora oggi i segnali sono sempre gli stessi: il batticuore, la voce tremolante, il rossore e la sudorazione…insomma la sua goffaggine. A scuola veniva deriso per questo, certamente la faccia da bravo ragazzo non lo aiutava: per gli altri e per se stesso, era proprio un bamboccione! Non sopportava proprio l’idea di apparire in questo modo e per lui evitare la brutta figura diventa un “must”, difatti cerca di apparire sicuro, ma è maldestro, certi atteggiamenti non gli sono consueti e quindi viene preso di mira ancor di più. La preoccupazione del giudizio degli altri e le vergogna della sua stessa vergogna diventano i suoi stati mentali dominanti e lo limiteranno in buona parte delle sue attività sociali, compresi i rapporti con le ragazze.

 

Il Disturbo d’Ansia Sociale è un disturbo d’ansia che si manifesta in relazione all’esposizione a situazioni interpersonali o di prestazione in pubblico, nelle quali l’individuo è esposto al possibile esame degli altri. Esempi di situazioni temute all’ansioso sociale comprendono interazioni sociali (per esempio, avere una conversazione, incontrare persone sconosciute), essere osservati (per esempio, mentre si mangia o beve) ed eseguire una prestazione di fronte ad altri (per esempio, fare un discorso). Incontri sociali soprattutto con sconosciuti (partecipare ad una festa, dare un ricevimento, partecipare ad incontri in piccoli gruppi, conversare), ma anche il guardare negli occhi persone poco conosciute, restituire merce ad un negozio, avvicinare persone dell’altro sesso, essere osservati mentre si sta facendo qualcosa (scrivere, lavorare, telefonare, mangiare, bere, ecc). Le situazioni sociali temute sono evitate oppure sopportate con paura o ansia intense.

L’individuo teme che agirà in modo tale o manifesterà sintomi di ansia, che saranno valutati negativamente (cioè saranno umilianti o imbarazzanti; porteranno al rifiuto o risulteranno offensivi per gli altri).

La persona con ansia sociale teme di apparire persona debole di carattere, eccessivamente dipendente dal giudizio degli altri, disposta alla sottomissione; tende a pensare che se appare debole di carattere allora lo possa essere o diventare davvero; attribuisce alla possibilità di essere giudicato negativamente per la performance o essere debole di carattere un valore negativo molto elevato o addirittura inaccettabile. Assume che tale giudizio sia espresso a causa delle manifestazioni della sua stessa ansia sociale. Si impegna sistematicamente ad evitare le brutte figure (non dare segni di vergogna).

 

Come si manifestano questi timori

Le manifestazioni che accompagnano l’ansia sociale sono quelle dell’ansia e soprattutto quelle della vergogna:

  • Aumento del battito cardiaco
  • Rossore del volto
  • Eccessiva sudorazione
  • Secchezza delle fauci
  • Difficoltà a deglutire
  • Contrazioni muscolari
  • Tremori
  • Malessere gastrointestinale

Tutte le persone percepiscono e valutano importante il giudizio degli altri, almeno di alcuni altri. Tutti gli esseri umani sono predisposti geneticamente a perseguire e a preferire la possibilità che gli altri, o almeno alcuni altri in determinate circostanze, diano una valutazione positiva di loro e non diano una valutazione negativa. Gli esseri umani quindi si preoccupano dell’immagine che gli altri hanno di loro, hanno cioè lo scopo di fare bella figura.

Lo scopo della buona immagine è importante in sé. La vergogna è l’emozione che si prova quando si assume che lo scopo della buona immagine sia compromesso o minacciato di compromissione, cioè che si è oggetto di una valutazione negativa da parte di altri (Castelfranchi, 1989).

Diventare ROSSO ha il senso di segnalare che la persona è consapevole della propria inadeguatezza, di un proprio errore.

L’aspetto manifesto dell’emozione rappresenterebbe una sorta di captatio benevolentiae nei confronti degli altri, di condivisione se non altro dei valori del gruppo ed in quanto tale, conserva una valenza positiva.

Però una dose eccessiva di vergogna può porre la “persona vergognosa” nella condizione di sentirsi esposta ad un più grave giudizio negativo da parte degli altri (es. uomo politico che arrossisce) per il fatto che sta provando vergogna (Metavergogna).

Il giudizio negativo temuto, è del tipo se mi vergogno dimostro di meritare un rango inferiore, di non essere all’altezza dei miei pari, perché mi dimostro debole, sottomesso, fragile, senza carattere, troppo dipendente dalla opinione degli altri

 

Da cui deriva un sistema di aspettative catastrofiche riguardo la relazione:

  • se fallirò, mi criticheranno;
  • se non mi mostrerò interessante, mi ignoreranno;
  • se dirò qualche cosa di sbagliato o stupido, mi derideranno
  • se mostrerò di essere ansioso gli altri penseranno che sono debole/incompetente
  • se noteranno il mio nervosismo, penseranno che sono strano
  • se arrossirò, tutti rideranno di me
  • se vomiterò, tutti mi rifiuteranno
  • se mi vedranno tremare, penseranno che sono stupido o gli farò pena
  • se non saprò cosa dire, sarà un disastro/mi disprezzeranno

(Wells, 1997)

 

Le persone con ansia sociale tendono ad evitare le situazioni temute e a mettere in atto comportamenti che servono a ridurre la minaccia percepita, cioè hanno lo scopo di minimizzare o evitare l’imbarazzo e l’ansia provata nelle situazioni sociali.

L’evitamento, riducendo l’ansia, implica un beneficio a breve termine, ma ha diverse conseguenze negative tra cui: previene esperienze potenzialmente correttive dell’idea di essere socialmente inadeguati e dell’idea che gli altri siano facilmente critici e rifiutanti, rende più improbabile l’acquisizione di competenze sociali e esperienze che favoriscono la maturazione, implica rinunce costose in termini di isolamento e di realizzazione professionale e, dunque, una condizione di demoralizzazione.

L’ansioso sociale mette in atto anche dei comportamenti protettivi che hanno però l’effetto di mantenere il disturbo, confermando nella persona l’idea di inadeguatezza sociale. Esempi di questo sono il ripetere fra sé e sé le frasi prima di parlare (si sgrana il ritmo della conversazione), parlare solo per breve tempo (si dà l’impressione di essere poco interessati e si ostacola la conversazione), imparare a memoria frasi da dire (si appare poco spontanei); automonitorarsi (si appare disinteressati all’altro), evitare il contatto visivo (si disturba il feedback che l’altro si attende), non parlare di sé (si rende più fredda la conversazione).

 

…il nucleo patologico del disturbo d’Ansia Sociale è il timore di mostrare la propria inadeguatezza sociale e l’essere giudicato negativamente per questo.”

(Clark e Beck, 2010)

 

La terapia cognitivo comportamentale ha come obiettivo principale quello di aiutare il paziente ad accettare un livello maggiore di rischio della brutta figura. Questo lavoro passa attraverso varie fasi terapeutiche, alcune delle quali riguardano la modificazione delle rappresentazioni dell’individuo, la modificazione delle credenze patogene, gli interventi volti all’accettazione della brutta figura o del rischio di brutta figura, l’esposizione alle situazioni temute, l’incremento di abilità sociali, il training dell’assertività e la riduzione della vulnerabilità al giudizio negativo degli altri e alla vergogna.

 

*Le argomentazioni del presente articolo sono state estratte dal materiale presentato al Seminario dal titolo “Il disturbo d’ansia sociale: valutazione, diagnosi e trattamento”, tenutosi a Mendrisio il 22 aprile 2016 presso la clinica psichiatrica cantonale, e presenziato dal Dott. Andrea Gragnani.

 

Per sapere di più sull’argomento

  • Clark, D.A., Beck, A.T (2010). Cognitive Therapy of Social Phobia (pp 332-387) in Cognitive Therapy of Anxiety Disorders The Guilford Press.
  •  Cieri L. (2010). La fobia sociale. In Perdighe C. e Mancini F. (a cura di). Elementi di psicoterapia cognitiva (II ed.). Giovanni Fioriti Editore.
  •  Wells, A. (1997). Social Phobia (pp167-199), in Cognitive Therapy of Anxiety Disorders. A Practice Manual and Conceptual Guide, Wiley. (Trad. it. Trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia. Mc Graw Hill,1997).

 

 

 

 

 

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