di
Lisa Lari e Stefania Iazzetta
La noia è un’emozione comune e familiare a molte persone in alcuni momenti della vita ma, nonostante questo, rappresenta uno stato d’animo difficile da comprendere e da descrivere.
Può essere definita come uno stato transitorio in cui l’individuo prova senso di frustrazione, carenza di intenzionalità e una sensazione di dolorosa alienazione dalla realtà che viene percepita come senza senso e inutile (Maggini e Dalle Luche, 1987).
Questo stato emotivo può essere distinto in “normale” e “patologico”. Nel primo caso, la noia può emergere sia in situazioni ambientali poco interessanti perché povere, agli occhi dell’individuo, di stimoli sensoriali rilevanti (Ciandella e coll., 2004), sia in relazione ad attività ripetitive e monotone. La noia può inoltre derivare anche da una condizione interna caratterizzata da uno stato di indifferenza rispetto al mondo esterno che, a quel punto, perde la propria consistenza e ogni caratteristica di piacevolezza. L’individuo, quando prova noia, si sente sospeso, svogliato, privo di motivazione e con un livello di attivazione scarso. Il tempo risulta essere stagnante, scandito attimo per attimo e non definito da circostanze, da eventi e da comportamenti. E’ fermo, improduttivo e non funzionale al soddisfacimento dei propri bisogni, scopi e preferenze. L’attenzione e la concentrazione sono discontinue, il mondo interno e/o esterno è rappresentato in modo labile e superficiale, l’organismo rimane temporaneamente bloccato, non decide, non si attiva.
La noia “patologica” è similare a quella “normale”, ciò che varia è la permanenza del soggetto in questo stato emotivo, condizione che, a lungo termine, potrebbe generare una notevole sofferenza psicologica dalla quale l’individuo tenta di uscirne attraverso comportamenti disfunzionali e rischiosi (uso di sostanze stupefacenti, abuso di alcol, gambling, bulimia, spese impulsive) che, spesso, provocano un danno al funzionamento globale dell’individuo (Maggini, 2000).
In questo senso, da alcuni studi clinici è emerso che l’inclinazione alla noia è una dimensione correlata all’abuso di sostanze (Iazzetta e coll., 2013) e sembra essere molto presente nelle persone che soffrono di Disturbo Bipolare (DB) (Lari e coll., 2013). Gli individui con questo disturbo dell’umore sono maggiormente inclini e sensibili alla noia, tendono ad individuare nella monotonia dell’ambiente esterno la causa della stessa e mostrano una maggiore necessità di cambiamento e di variare l’ambiente in cui si trovano. Inoltre, queste persone tendono a mettere in atto strategie comportamentali, volte ad uscire da questo stato emotivo così intollerabile, invalidanti, costose e controproducenti. Gli individui con DB sembrano essere quindi maggiormente sensibili a questa emozione e tendono a rispondere con condotte comportamentali in maggior misura disorganizzate, impulsive, caotiche e rivolte all’esterno che possono, a loro volta, favorire la comparsa di fasi depressive o maniacali.
In questa ottica, potrebbe essere opportuno affiancare alle specifiche procedure trattamentali del DB un modello di intervento psicoterapico di tipo cognitivo comportamentale finalizzato al trattamento sistematico della noia che permetta di prevenire la sintomatologia di tipo depressivo e eccitatorio tipica di questo disturbo.
Nello specifico, le manovre psicoterapiche consistono in una prima fase di valutazione che ha come obiettivo l’indagine pregressa e attuale delle situazioni attivanti, degli stati mentali e comportamentali con cui si declina la noia in quella specifica persona, con particolare attenzione ai comportamenti disfunzionali che potrebbero portare a fasi depressive o maniacali. In una seconda fase, il clinico può orientare l’intervento sulla sostituzione di condotte controproducenti quali, ad esempio, l’abuso di sostanze, un’alimentazione incontrollata, il gioco d’azzardo etc., con strategie comportamentali alternative maggiormente funzionali in modo da ridurre l’insorgenza di fasi di scompenso affettivo. Successivamente, è opportuno guidare l’individuo verso un processo di accettazione della noia stessa che riduca la sensibilità a questo stato emotivo potenzialmente “nocivo”. In una prospettiva psicoterapica, sarebbe quindi opportuno favorire un processo di cambiamento in cui lo stato emotivo scarsamente tollerabile che genera comportamenti “a rischio” potrebbe lasciare spazio ad una tonalità affettiva positiva in cui i momenti di inattività e/o le fasi di scarsa stimolazione esterna o interna, diventano occasioni costruttive in cui l’individuo dedica spazio alla propria soggettività senza dover ricorrere a strategie comportamentali pericolose. Quello che è auspicabile ottenere dopo un intervento sulla noia, è il riconoscere nella persona una nuova capacità di gestione di questo stato emotivo che possa guidare l’individuo in una posizione di equilibrio in cui l’ambiente esterno e quello interno interagiscono e si scambiano senza che l’uno prevalga sull’altro.
Bibliografia
Ciandella S, Messano M. E, Rebecchi D (2004). La noia (pp. 217-225) in Emozioni consuete e inconsuete in psicoterapia cognitiva, Ed. Deleyva, Psicoterapia: clinica e ricerca, 2004.
Iazzetta P, Gagliardo G, Lupo M, Pascucci T, Pratesi D, Sabatini D, Saettoni M, Gragnani A (2013). Relazioni tra temperamento, carattere e predisposizione alla noia nei disturbi da uso di sostanze. Cognitivismo Clinico 10, 2, 134-148.
Lari L, Gragnani A, Calugi S, Saettoni M (2013). La noia nei disturbi dell’umore: esperienze cliniche e di ricerca. Cognitivismo Clinico 10,1, 45-64.
Maggini C. (2000). Psychobiology of Boredom. CNS SPECTRUM Volume 5-Number 8, August 2000.
Maggini C, Dalle Luche R (1987). Per una psicopatologia della noia. Alcuni richiami storicialle relazioni tra noia e melanconia. Rivista sperimentale di Freniatria 111, 1119-1139.