di
Francesca Batacchioli
Psicoterapia cognitivo-comportamentale di coppia
Sempre più spesso le coppie si rivolgono ad uno specialista in psicoterapia, con l’intento di prevenire o evitare il fallimento di una relazione e lo fanno in quel momento in cui il perduto equilibrio negli accordi e nelle intese tra i partner genera una sofferenza tale da mettere in discussione il proseguimento della relazione stessa.
Ne è un esempio la coppia di Carlo e Teresa, in cui la presenza di famiglie di origine che interferiscono eccessivamente con il ménage della coppia, hanno fatto sì che lei si sentisse progressivamente frustrata dal mancato rispetto dei confini della coppia, mentre lui dichiarasse di soffrire degli attacchi verbali e della distanza affettiva e sessuale che lei gli stava riservando. La scarsa comunicazione e le incomprensioni facevano pensare ad entrambi che restare insieme fosse un errore.
La coppia di Franco e Anna rappresenta il caso in cui la gelosia diviene un problema. Lei si è trasferita dall’estero per sposare Franco ed insieme hanno concepito Simone. Lei è una bella donna, estroversa che ha sempre cercato di inserirsi nel tessuto sociale del paese; le ore trascorse fuori casa ed le pubbliche relazioni che intrattiene per lavoro, rendono però il marito molto geloso ed arrabbiato a causa di presunte infedeltà. Lui, di qualche anno più vecchio, più timido, riservato, svolge un lavoro che non gli piace, al di sotto delle proprie aspettative, che lo tiene impegnato per molte ore al giorno. Il conflitto è abbastanza elevato ed Anna sta pensando di separarsi.
Molte possono essere le ragioni per le quali le coppie non si sentono più corrisposti nel soddisfacimento dei propri bisogni e desideri; ciò genera una situazione conflittuale in cui ognuno cerca di portare l’altro a modificarsi.
La terapia cognitivo-comportamentale, che ha iniziato a rivolgersi alle coppie a partire dagli anni ’70 (A. Ellis), ha individuato i principali meccanismi di pensiero “negativi” che le coppie in conflitto manifestano nei confronti del partner. L’utilizzo del termine “negativi” è legato ad uno schema di pensiero che accomuna le persone con problemi di coppia: se frustrati nelle proprie aspettative, i membri della coppia tendono a giungere a conclusioni negative, credendo di conoscere i pensieri e le intenzioni sottostanti i comportamenti del partner, accusandolo e dando origine ad un circolo vizioso di attacco e ritorsione, che si accompagna a sofferenza emotiva (rabbia, colpa, etc.).
Processi cognitivi disfunzionali (negativi) nella coppia:
Le nostre percezioni degli eventi, delle parole e dei comportamenti delle persone hanno carattere di soggettività. Dato che le nostre percezioni influenzano il modo in cui produciamo pensieri e comportamenti nei confronti delle altre persone, nel vissuto di coppia possono verificarsi distorsioni di percezione che finiscono per far emergere una crisi della relazione:
- Attenzione selettiva negativa: Focalizzarsi solo sui difetti del partner o sugli aspetti insoddisfacenti della relazione tralasciando il resto (es. fare attenzione alle parole del partner e ignorarne le azioni)
- Attribuzioni: Trarre inferenze arbitrarie sui motivi che hanno spinto il partner ad agire in un certo modo (es. desumere che il partner abbia fatto una determinata azione con la finalità di controllare l’altro)
- Aspettative: Formulare previsioni su come l’altro si comporterà (es. ritenere che esprimere al partner un pensiero diverso dal suo susciterà rabbia)
- Assunzioni: Possedere credenze sulle caratteristiche generali delle persone e delle relazioni (es. gli uomini non sono interessati alla vicinanza emotiva)
- Doverizzazioni: Avere credenze circa le regole implicite che dovrebbero esserci tra partner (es: i partner devono condividere qualsiasi decisione)
Beck utilizza il termine “pensieri automatici” per riferirsi ai contenuti di tali percezioni, che hanno la caratteristica di essere difficilmente controvertibili e che si originano da schemi profondi che riguardano la visione di sé e degli altri e guidano la persona nel districarsi nelle relazioni come nella vita.
Il terapeuta dovrà perciò affrontare insieme alla coppia la fase di comprensione dei pensieri automatici, delle emozioni e dei comportamenti problematici ad essi associati, per poi aiutare i partner a modificarli (interventi di psicoeducazione e ristrutturazione cognitiva).
Le evidenze scientifiche mostrano che, a complicare lo scenario conflittuale della coppia, intervengono poi alcuni pattern disfunzionali correlati ad altri ambiti deficitari.
Problemi inerenti la comunicazione, ridotte abilità di problem solving sono tra i fattori che più si riscontrano nelle difficoltà di coppia:
L’Espressione dei pensieri ed emozioni richiede autoconsapevolezza, vocabolario appropriato, apertura, autocontrollo. Generalmente nelle coppie in conflitto si attuano comunicazioni inefficaci a causa di problemi di comunicazione che si manifestano attraverso modalità aggressive o passive di interazione tra i partner.
Le coppie che giungono in terapia rivelano spesso difficoltà ad affrontare situazioni problematiche, poiché scarsamente capaci di definire chiaramente le caratteristiche del problema che si presenta loro, di generare potenziali soluzioni alternative, di collaborare con l’altro per valutare vantaggi e limiti di ogni soluzione, di raggiungere un consenso, generare e pianificare un piano per attuarlo.
In merito a questo secondo gruppo di fattori, il terapeuta lavora con la coppia al fine di accrescere abilità più funzionali per comunicare e risolvere problemi (Training Assertività e Problem Solving).
La Terapia Cognitivo-Comportamentale di Coppia (CBCT) sino alle sue più attuali concettualizzazioni integra i concetti chiave della CBT con le conoscenze provenienti dalla neurobiologia, dagli altri approcci (sistemico –relazionale, etc.) alla terapia di coppia, dalle teorie sull’attaccamento e sulla regolazione emotiva per fornire alle coppie un’ampia ed esaustiva cornice entro la quale poter essere guidati verso il cambiamento.
La letteratura fornisce evidenze del fatto che la qualità degli schemi di attaccamento e degli schemi familiari intergenerazionali influenzano le percezioni che riguardano il partner e la qualità delle loro interazioni di coppia.
Attaccamento e coppia:
- Bowlby (1979) è stato il primo ad esplorare le differenze individuali nel funzionamento del sistema di attaccamento all’interno delle relazioni sentimentali e coniugali. L’attaccamento, in quanto tendenza a cercare e mantenere contatto con altri significativi, è una tendenza innata e primaria, che si genera in età precoce all’interno della relazione con la madre o il caregiver, per poi influenzare, durante l’arco della vita, la costruzione ed il mantenimento delle relazioni, in particolare quelle amorose. Il sistema di attaccamento anche nell’adulto implica la ricerca di vicinanza fisica, quindi la ricerca di benessere e sicurezza e produce ansia da separazione nel momento in cui il legame è sotto minaccia di interruzione. Ci sono adulti che si sentono sicuri nelle loro relazioni di coppia, sentono che il partner è presente per loro quando ne hanno bisogno, sono capaci di affidarsi e dare sostegno. Altri risultano invece Insicuri, o perché si preoccupano del fatto che gli altri non li amino completamente (ansiosi preoccupati), o perché, non volendo dipendere da altri (e viceversa), si mostrano poco interessati nelle relazioni (evitanti), o infine perché tendono a sfuggire dalle relazioni più strette (disorganizzati).
Gli schemi di attaccamento sono strettamente collegati alle capacità di regolazione emotiva, anch’esse spesso derivanti dalle esperienze relazionali vissute nella famiglia di origine. La regolazione delle emozioni è determinante nel modo in cui relazioniamo agli altri ed attribuiamo significati alle relazioni; il funzionamento emotivo inoltre, fa da sfondo ai temi relazionali problematici che la coppia porta in terapia.
Schemi familiari nella coppia
I partner, provenendo da famiglia di origine differenti, hanno costruito schemi interni (lo “schema” è un “elemento organizzato di reazioni ed esperienze passate che formano un insieme coeso e durevole di conoscenza capace di guidare percezioni e valutazioni successive”) del modo di pensare e comportarsi. Le componenti emotive, cognitive e comportamentali degli schemi familiari, che comprendono una componente intergenerazionale, implicano un sistema di risposte atteso dall’altro. Schemi familiari disfunzionali possono attivarsi all’interno della coppia generando conflitti.
Obiettivi della terapia
La Terapia Cognitivo-Comportamentale di Coppia non ha l’obiettivo di mantenere la coppia unita, ma persegue alcuni obiettivi generali:
– aiutare i partner a comprendere i bisogni, i pensieri e le emozioni propri e dell’altro
– favorire l’accettazione del partner come portatore di una propria storia che si intreccia con la storia della loro relazione
– rendere i singoli partner maggiormente consapevoli dei propri meccanismi di interazione ricorrenti e dei loro effetti
– aumentare la disponibilità ed i mezzi per valorizzarsi e sostenersi a vicenda
– migliorare le capacità comunicative e la gestione dei conflitti.
Bibliografia:
- Andolfi M. (2006). La terapia di coppia in una prospettiva trigenerazionale, A.P.F.
- Attili (2004), Attaccamento e amore, il Mulino
- Beck A . (1990). L’amore non basta. Casa Editrice Astrolabio
- Bowlby J. (1969). Attachment and loss: Vol. I. Attachment. New York: Basic Books.
- Cigoli V., Galimberti C. Mombelli M. (1988). Il legame disperante, il divorzio come dramma di genitori e figli. Raffaello Cortina Editore.
- D’Attilio F. M. (2013). Terapia cognitivo-comportamentale con le coppie e le famiglie, Eclipsi
- Ellis, A. (1986). Rational-emotive therapy applied to relationship therapy”. In Journal of Rational-Emotive Therapy. 4, 4-21.
- Rebecchi, D., Vinai, P. (a cura di) (2017). Psicoterapia cognitiva della coppia – Dalla valutazione ai percorsi di intervento. Edizioni Libreria Cortina Milano.
- Attili (2004), Attaccamento e amore, il Mulino