di Lisa Lari
“…ma come è possibile? Eppure ho passato così tanto tempo a curarmi, truccarmi, a scegliere i vestiti da mettere…i miei vestiti hanno dei colori bellissimi! Per non parlare poi della strepitosa pettinatura che ho oggi. Non ci posso credere. Io non voglio rimanere così…nell’angolo, senza essere vista da nessuno…io devo piacere a tutti! Ora basta…devo per forza fare qualcosa!”
Pensieri così concitati e forieri di spiccate preoccupazioni appartengono a quelle persone che si sentono a disagio o non apprezzate nelle situazioni in cui non sono al centro dell’attenzione. Le energie di questi soggetti sono canalizzate nella ricerca pervicace dell’approvazione degli altri sulla base della convinzione che è necessario essere amati praticamente da tutti per ogni cosa che fanno. Questo porta ad una paura molto forte della critica e del rifiuto. Per tale ragione, la possibilità di essere criticati o rifiutati è del tutto inammissibile in quanto ricorda loro di avere una posizione debole nel mondo. Qualsiasi indicazione di rifiuto è devastante, anche quando chi rifiuta non è realmente così importante per l’individuo. Sentendosi fondamentalmente inadeguati senza il riconoscimento degli altri, queste persone non possono rilassarsi e lasciare al caso l’acquisizione dell’approvazione ma, al contrario, avvertono una pressione costante per ricercare e ottenere questa attenzione (Beck e Freeman, 1998). In sintesi, se il soggetto si dimostra incapace di affascinare gli altri e, dunque, di tenerli vicini a sé la conseguenza è uno scenario avversivo caratterizzato dal sicuro abbandono e dal fallimento personale. In effetti, la maggior parte dei loro sforzi è convogliata nell’ottenimento di lodi, rassicurazioni e considerazione costanti da parte degli altri attraverso comportamenti estrosi, brillanti ma anche intensamente teatraleggianti. Riescono, almeno in un primo momento, a “colpire” positivamente le nuove conoscenze proprio per il loro entusiasmo, l’evidente apertura o la seduttività. Il loro comportamento è spesso provocante e seduttivo e tale approccio non è diretto solamente alle persone per le quali l’individuo mostra un coinvolgimento sessuale, ma si manifesta in una grande varietà di relazioni sociali, lavorative e professionali risultando, quindi, incongruo rispetto alle caratteristiche dell’ambiente in cui esso stesso si manifesta. Una modalità di avvicinarsi così entrante e, in alcuni casi, ingerente può determinare negli altri delle reazione emotive di rabbia con una tendenza comportamentale, più o meno intenzionale, volta all’estromissione dal contesto di quel soggetto così “problematico ed egocentrico”. I rapporti interpersonali, quindi, vengono ad essere costantemente conflittuali in quanto il soggetto cerca con essi di soddisfare il proprio sconfinato egocentrismo, utilizzando gli altri come strumenti del bisogno personale di essere al centro dell’attenzione e quindi manipolando persone e situazioni. Finché questo riceve consenso e ammirazione dall’ambiente va tutto bene; ma al venir meno del sorriso e dell’accoglienza sociale emergono profondi sentimenti di inferiorità e inadeguatezza, accompagnati dal terrore di essere rifiutato. Si cercano allora rassicurazioni e apprezzamenti, in genere tentando di sedurre gli altri e, se non basta, minacciandoli o ricattandoli (Lorenzini e Sassaroli, 1995). Inoltre, questi individui tendono a considerare le relazioni più intime di quanto non lo siano realmente andando magari a definire una persona appena conosciuta come “una cara amica”.
Utilizzano costantemente l’aspetto fisico per attirare l’attenzione: l’abbigliamento ha uno stile provocatorio e di grande effetto, con colori brillanti. Trucchi sgargianti e tinte per capelli sono gli elementi essenziali di questa modalità eccentrica.
Manifestano un’espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale, mostrano auto drammatizzazione, teatralità e tendono a manifestare le emozioni in modo esagerato. Sono emotivamente eccitabili e alla ricerca di stimoli e, spesso, rispondono ad una minima stimolazione con irrazionalità, rabbia, scoppi d’ira o collera. Gli stati emotivi sono espressi intensamente e inoltre sembrano esagerati o non convincenti, come se stessero automaticamente interpretando un ruolo (Beck e Freeman, 1998).
Lo stato emotivo e il livello di autostima sono in relazione diretta con il grado di approvazione ricevuta dagli altri, considerati come fonte di consenso, apprezzamento e ammirazione: per ottenere il riconoscimento a cui ambiscono, questi individui investono un notevole impegno nelle relazioni, cercando di intrattenere l’altro, di suscitarne l’interesse e di affascinarlo. Entro la relazione, occupano un ruolo da protagonista, mentre gli altri svolgono il compito di attenti spettatori (Rezzonico e Bisanti,1996).
Lo stile dell’eloquio è eccessivamente impressionistico e privo di dettagli. I loro discorsi hanno venature forti e plateali, con un grande dispiego di parole. Tendono ad utilizzare frasi che sembrano piuttosto energiche e ad effetto. Usano un’intonazione teatrale, gesti e espressioni facciali drammatici.
Altra caratteristica di questi soggetti è l’elevato grado di suggestionabilità: le credenze e le emozioni possono essere condizionate da stati mentali ed emotivi del partner, dell’amico, del genitore etc. Per questo motivo, i valori e gli interessi personali possono subire intensi cambiamenti al variare del riferimento ambientale in cui si trovano.
Il bisogno di essere al centro dell’attenzione, il comportamento provocatorio e seduttivo, l’eloquio impressionistico, la teatralità, la suggestionabilità, il considerare le relazioni più intime di quanto in realtà lo siano e, ancora, la cura eccentrica del proprio aspetto fisico associati all’emotività estremamente mutevole sono tratti che possono essere riscontrati nelle persone con Disturbo Istrionico di Personalità.
A causa del loro dipendere dall’attenzione degli altri, gli individui con questo disturbo sono particolarmente vulnerabili all’ansia di separazione e possono richiedere il trattamento a seguito di una perdita affettiva. Altre complicazioni cliniche che possono portare alla ricerca della terapia sono l’ansia, la depressione, la dipendenza da alcol, l’abuso di sostanze psicotrope e dei sintomi fisici di origine psicologica. Il trattamento d’elezione è la psicoterapia individuale ma, in alcuni casi, è opportuno affiancare come supporto del primo anche il trattamento farmacologico.
Nel setting psicoterapico, il paziente ed il clinico lavorano per dare ordine a quella sofferenza mentale così caotica e mutevole caratterizzata da tentativi eclatanti per ottenere o recuperare l’attenzione degli altri e da un’espressività emotiva dilagante. Data la complessità del sopra descritto assetto mentale, è utile aiutare il paziente nell’individuazione e nel riconoscimento di credenze patogene, timori, emozioni dolorose e di comportamenti controproducenti spesso agiti con impulsività. Bersaglio del lavoro psicoterapico è quel bisogno impellente di ricercare costantemente attenzione e cure da parte degli altri che produce un’intensa sensibilità al rifiuto, una “ricerca/pretesa” di riconoscimento e una tendenza all’azione che se, da una parte, è finalizzata al catturare la loro attenzione, dall’altra genera, nelle relazioni, delle conseguenze dannose. Il trattamento ha quindi un duplice obiettivo: 1) individuare ed acquisire competenze in modo da soddisfare i propri bisogni con strategie comportamentali più funzionali rispetto all’esagerata aspettativa che siano sempre gli altri a farlo e 2) analizzare gli effetti negativi che alcune loro credenze e comportamenti hanno nello sviluppo e nel mantenimento di dinamiche relazionali spesso superficiali, non soddisfacenti o dannose. A questo punto il paziente, più consapevole delle proprie vulnerabilità e forte di una struttura identitaria maggiormente costruita su criteri interni piuttosto che esterni, può acquisire competenze più funzionali in modo da migliorare la qualità dei rapporti interpersonali in atto e da ingaggiarsi in nuove relazioni più costruttive e soddisfacenti.
Bibliografia
American Psychiatric Association 2014, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore
Beck A. T., Freeman A., 1998, Terapia Cognitiva dei Disturbi di Personalità Ed. It a cura di Tamburello A., Montano A., 2° Ed 1998
Lorenzini R., Sassaroli S., 1995, Attaccamento, conoscenza e disturbi di personalità Raffaello Cortina Editore, Milano 1995
Rezzonico G., Bisanti R., 1996 in Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva Volume Secondo Clinica, a cura di Bara B. G., 1996