di
Giulia Paradisi
La fiducia è uno dei fattori che costituisce le basi delle relazioni interpersonali: “la fiducia è un elemento chiave per dare avvio a una buona comunicazione e interazione e spesso spiega il successo nelle relazioni permettendoci di distinguere tra persone di cui fidarsi o non fidarsi. La fiducia negli altri è un sistema che si è evoluto negli esseri umani poiché risulta necessario per la sopravvivenza; impariamo a fidarci degli altri in fasi molto precoci della vita, sin dalla nascita si ha bisogno di affidarsi a qualcuno per sopravvivere” (per una lettura approfondita sull’argomento rimando all’articolo “Fidarsi o non fidarsi? la fiducia nelle relazioni interpersonali”, di Debora Pratesi).
Nel nostro lavoro è esperienza comune incontrare, tra le persone che ci chiedono aiuto, individui che faticano a fidarsi degli altri, che temono di essere traditi, ingannati, abbandonati o che, per paura di lasciarsi andare nelle relazioni, tendono ad evitare di instaurare rapporti più o meno intimi.
Ma esistono diversi gradi di “sfiducia” e, quindi, molteplici manifestazioni comportamentali di questa: di seguito presenterò una breve descrizione di un paziente che viene convinto dalla propria compagna, esasperata dall’eccessiva gelosia e dai continui controlli a cui viene sottoposta, ad iniziare una psicoterapia.
Sono state omesse tutte le informazioni che avrebbero potuto rendere identificabile il paziente:
Paolo è un ragazzo di 32 anni, attualmente disoccupato, fidanzato con Alessia da circa un anno. Si presenta al primo appuntamento con un’aria cupa, la sua postura è chiusa, in alcuni momenti della conversazione sembra imbarazzato, in altri irritato, in generale fatica a mantenere un contatto oculare ma, quando gli viene rivolta una domanda, alza gli occhi verso l’interlocutore con un atteggiamento che sembra di sfida.
Mi parla di Alessia in termini prevalentemente negativi, raccontandomi di alcune “coincidenze” che gli fanno pensare che lei intrattenga relazioni con altri uomini; vive con forte paura e rabbia questa situazione e si sente “costretto” a controllarla, a spiare più volte il suo telefono, a farle scenate di gelosia che sfociano generalmente in un raffreddamento del rapporto tra i due. Paolo riporta anche di non sentirsi sufficientemente rassicurato da Alessia rispetto a queste sue forti paure ma che, al contrario, lei si mostra distaccata e irritata, atteggiamento che spesso conferma a Paolo la validità dei suoi timori.
Anche sul lavoro non ha mai avuto buoni rapporti con i colleghi: dice di essersi sentito spesso sfruttato, manipolato e ingiustamente trattato; sta portando avanti una causa per mobbing contro l’azienda per cui ha lavorato tempo fa, perché sostiene che lo abbiano indotto a licenziarsi umiliandolo più volte con richieste non lecite e critiche pubbliche.
Non ha amici, le sue uscite sono ridotte al minimo, non ha hobby e afferma di sentirsi spesso ansioso, “depresso” e arrabbiato, di trovarsi a ruminare rabbiosamente per ore su torti subiti in passato e di portare dentro di sé un rancore di cui non riesce a liberarsi.
Nel colloquio appare spesso teso, sospettoso, emotivamente distaccato ed interagisce con tono polemico, quasi a togliere la possibilità di un confronto con l’interlocutore. Sembra molto “permaloso” e la minaccia principale riguarda l’essere sminuito o svilito, anche di fronte ad affermazioni tendenzialmente neutre o a domande di approfondimento, alle quali risponde passando al contrattacco.
Paolo è un esempio di individuo con Disturbo Paranoide di personalità.
Le caratteristiche principali del disturbo paranoide di personalità sono la diffidenza e la sospettosità nei confronti degli altri, con la presenza di una costante attribuzione malevola alle azioni altrui. Gli individui con questo disturbo pensano che gli altri li stiano ingannando, danneggiando, mentendo o sfruttando, anche laddove non ci sono prove o eventi che possano supportare queste credenze; dubitano spesso della lealtà e affidabilità di amici e colleghi, cercando in ogni minima azione prove del “tradimento”, e per questo motivo hanno serie difficoltà a creare relazioni intime. Questi soggetti sono inoltre molto rancorosi, e hanno difficoltà a dimenticare anche la più piccola offesa che pensano di aver subìto.
Gli altri sono sempre visti come ostili e minacciosi, osservati con sospettosità, e poiché non si fidano affatto di chi è loro vicino, gli individui con disturbo paranoide hanno un forte senso di autonomia nonché esigenza di essere autosufficienti, che li porta ad essere rigidi, poco collaborativi e restii ad accettare le critiche; possono inoltre apparire freddi e privi di sentimenti. Le sensazioni vissute e le credenze circa l’ostilità degli altri non vengono mai vissute come una fantasia ma vengono viste come reali e certe, e spesso vi è una costante ricerca di “prove” a sostegno di ciò che pensano.
Queste persone non si fidano e difficilmente instaurano relazioni di intimità e di sintonizzazione emotiva, poiché temono che qualsiasi confidenza possa venire usata contro di loro; spesso portano rancore anche per lunghi periodi di tempo e non sono disposte a perdonare il minimo torto che percepiscono sia stato fatto loro.
Quando hanno relazioni intime sono generalmente sospettosi della fedeltà del proprio partner, hanno spesso difficoltà ad andare d’accordo con gli altri e da questo derivano uno stato quasi costante di allerta e di forte tensione fisica. I pensieri che più frequentemente si affacciano alla mente di chi presenta un disturbo paranoide di personalità sono: “Non si può mai abbassare la guardia!”, “Non appena abbassi la guardia gli altri sono pronti a fregarti!”. A volte la sensazione interna assume un diverso significato, quello della derisione, e gli altri non sono percepiti come pericolosi, ma come sprezzanti o provocatori.
L’emozione, quindi, e il comportamento variano in base a come l’altro viene percepito: quando la convinzione è di essere, ingiustamente, vittime di un mondo ostile e umiliante prevarranno rabbia, risentimento o irritazione e la tendenza sarà quella di reagire attaccando e aggredendo (verbalmente o fisicamente). Quando, invece, la sensazione che il soggetto prova è quella dolorosa di essere escluso, non voluto, di essere emarginato dal gruppo, saranno più frequenti reazioni di ansia, tristezza, senso di solitudine e astenia, con la conseguente tendenza ad isolarsi, a ritirarsi dal mondo e dalle relazioni.
Gli individui con disturbo paranoide di personalità spesso sostengono le loro idee con un alto grado di convincimento, e il grado di allerta che si prefiggono di mantenere per sentirsi al sicuro li porta a sentirsi ansiosi ed emotivamente stanchi. La modalità di interazione spesso controllante, aggressiva e sospettosa, ad esempio, non incoraggia certo gli altri ad approcci gentili e amichevoli, ma al contrario, suscita nelle altre persone proprio il comportamento ostile o l’allontanamento temuti dall’individuo con disturbo paranoide di personalità.
Per approfondimenti
American Psychiatric Association, 2014. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina Editore