di
Cecilia Lombardo
La gelosia è un’emozione complessa, che si compone di diverse emozioni “basiche” quali la paura, l’ansia, la rabbia, la disperazione, la tristezza e l’ostilità (Castelfranchi 1988) e la si può provare verso persone (il partner ed un possibile rivale, tra fratelli) o cose a cui si tiene e se ne teme la perdita o il danneggiamento. Nel caso si sperimenti verso certe doti o condizioni che altri posseggono (ad esempio il successo, bellezza, intelligenza, fascino, ricchezza) è più appropriato parlare di “invidia”.
Nella gelosia romantica la presenza di un rivale, magari ipotetico, è decisiva, anche se a volte non è una persona specifica: si può essere gelosi del partner e del/ della suo/a collega ma si può essere anche gelosi di tutti quelli che ruotano attorno a lui/lei, e anche in questo caso disperarsi o impazzire dalla rabbia.
Nel caso della gelosia da competizione sociale dove l’oggetto è un premio, l’avanzamento di carriera, il successo, il rivale è un collega rispetto al quale c’è una oggettiva concorrenza: può togliere o minacciare di togliere ciò che potrebbe essere nostro.
Se, come abbiamo visto, l’elemento necessario, ma non sempre rilevante, per sperimentare gelosia è la presenza di un rivale, analogamente anche “l’amore” per l’oggetto posseduto può non essere così essenziale: pensiamo per esempio alla gelosia di un ex marito per l’ex moglie alla notizia che questa stia per risposarsi, nonostante non vi sia più amore tra di loro.
Sembra dunque che nella gelosia l’elemento saliente sia il possesso, o il desiderio di possesso, piuttosto che l’amore, mentre spesso nella cultura popolare la gelosia è considerata un indicatore, se non addirittura un ingrediente fondamentale dell’amore, con conseguenze disastrose quando espressioni di gelosia, anche violente e dunque di oggettivazione dell’altro e volontà di possesso, vengono tollerate scambiandole appunto per un corollario dell’amore.
Ci si arrabbia e si aggredisce perché si teme ci venga tolto ciò che ci spetta (Castelfranchi, 1988).
La gelosia romantica si attiva all’interno di una relazione sessuale quando si teme di perdere l’amore o la stima della persona amata a causa di una reale o immaginaria attrazione tra il partner e un rivale. Giustificata o meno che sia, è finalizzata al mantenimento ed al recupero della relazione originaria, ma il suo eccesso talvolta ottiene l’effetto esattamente contrario.
Che caratteristiche ha la persona tendente alla gelosia?
In primo luogo il geloso ha una scarsa autostima e si vede facilmente perdente nel confronto con un rivale (D’Urso, 1995).
Per tali persone avere l’amore, l’attenzione, la confidenza e il rapporto esclusivo con il proprio partner garantisce una buona idea di sé in termini di amabilità, di capacità e di potere personale. La presenza di un rivale è un pericolo gravissimo perché si rischia di perdere il partner, la relazione, il ruolo, e con essi l’idea di amabilità e potere personali, ossia si rischia di avere una bassa stima di sé.
La gelosia è una emozione comune nell’esperienza di tutti noi; risulta complicato stabilire una linea di confine che permetta di distinguere tra quella che potremmo definire come un’esperienza emotiva negativa e sgradevole, ma “normale”, e circostanze in cui la gelosia possa o debba essere considerata “patologica”.
Il saggista Roland Barthes, nel suo “Frammenti di un discorso amoroso”, esprime ad arte qual è l’esperienza soggettiva quando si è in preda alla gelosia e si è autocritici: “Quando sono geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero d’esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri.”
La gelosia romantica “normale” solitamente presenta questi temi:
- La paura che il rivale possa prendere il nostro posto e ne consegua la perdita della relazione e della persona amata;
- La paura che il rivale sia più attraente di noi agli occhi del partner, da qui la perdita della nostra priorità;
- La paura che la persona amata non nutra più un interesse esclusivo nei nostri confronti e quindi il rapporto non sia più esclusivo.
Quando questi timori diventano intrusivi, pervasivi, articolati in circoli viziosi ad insorgenza automatica, fino a divenire non accessibili alla critica, allora la gelosia è gravemente patologica.
I gelosi “patologici” tendono ad agire o meglio a reagire mettendo in atto comportamenti di sorveglianza e controllo continui (alla ricerca di segnali della presenza della minaccia); sottopongono il partner ad estenuanti interrogatori (“dov’eri, con chi, perché non hai risposto al telefono, con chi chattavi a quell’ora? …”) che si rivelano puntualmente inutili, perché incapaci di una rassicurazione piena; sono spinti a tendere trappole al partner per cercare di coglierlo in flagrante, è da notare qui come il geloso con lo stesso comportamento tenti paradossalmente di realizzare due scopi che si contraddicono, ovvero “coglierlo in flagrante” e “rassicurarsi”.
Il geloso patologico, inoltre, tende spesso a dare, o meglio, a imporre restrizioni e vincoli al partner (ad esempio: “non voglio che frequenti quel locale!”, “non metterti la minigonna!”) e ad assumere comportamenti vendicativi nei confronti della persona amata (si può passare dalle insinuazioni agli insulti, fino a volte proprio al tradimento in via preventiva, nel dubbio, per non sentirsi da meno) e di punizione nei confronti dell’ipotetico rivale (con minacce e/o aggressioni verbali e fisiche). La relazione si appesantisce, si incrina e le reazioni esasperate o distanzianti dell’altro innescano altri comportamenti invadenti o svalutanti del geloso.
Nella persona gelosa si alterano tre importanti funzioni cognitive: la percezione, la memoria ed il pensiero.
La percezione diventa selettiva, centrata su tutto ciò che riguarda direttamente o indirettamente la persona amata, o il potenziale rivale.
Durante le crisi di gelosia la persona diventa capace di ricordare e connettere alcuni particolari apparentemente insignificanti e di cogliere le contraddizioni relative, ad esempio, a fatti od orari, che acquisiscono automaticamente il valore di prove a sostegno dei propri sospetti.
Per quanto riguarda i processi di pensiero, oltre alle ruminazioni, i pensieri di gelosia e infedeltà divengono sempre più ricorrenti, intrusivi, e la persona non è in grado di liberarsene. Ogni semplice e banale evento viene interpretato alla luce del timore di infedeltà, si pensa che il partner sia costantemente attratto da persone dell’altro sesso e il geloso è convinto di possedere elementi inconfutabili e schiaccianti a riprova della propria teoria.
I nessi associativi rispondono solo alla legge della “congiura”, non esiste più alcuna casualità, niente è neutro. Per cui, ad esempio: se la partner si trucca prima di uscire, questa è la prova che si faccia bella per un altro, se invece non si trucca è la prova che lei voglia confondere le acque e dare mostra di essere dimessa per allontanare da sé i sospetti. Nelle condizioni più drammatiche queste idee dominano la vita della persona, sono impermeabili alla messa in discussione razionale, diventando un delirio vero e proprio.
Le persone che provano una gelosia patologica sono convinte di trovarsi in una situazione minacciosa perché hanno una serie di convinzioni irrazionali che riguardano essenzialmente:
- sfiducia e sospetto nei riguardi del partner;
- la convinzione che tutte le persone del proprio sesso rappresentino appetibili rivali pronti ad approfittarsi della situazione;
- pensieri negativi circa le proprie qualità ed il proprio valore.
Curare la gelosia
Il geloso “patologico” si sente costantemente in una situazione di pericolo e prova tutta una serie di emozioni assai sgradevoli legate alla sua gelosia, perché i presupposti da cui parte per arrivare alle sue deduzioni sono errati, rigidi, e dogmatici come le convinzioni irrazionali di cui parla Albert Ellis, uno dei padri della psicoterapia cognitiva.
Un primo passo che potrebbe fare uno psicologo con un geloso patologico potrebbe essere proprio quello di individuare e condividere col paziente le credenze che ha su di sé, sugli altri e su come devono necessariamente andare le cose.
Desideri che per tutti noi sono comprensibili quando siamo innamorati, come ad esempio il fatto che il nostro partner nutra per noi un interesse esclusivo e autentico, che ci giudichi come la persona più interessante e attraente che conosce, e via dicendo, per le persone gelose patologiche non sono “preferenze” legittime, ma acquistano l’intransigenza di “pretese”. Il fatto che tali richieste siano per la loro stessa natura impossibili da soddisfare – perché non ci saranno mai abbastanza prove della fedeltà e/o dell’innamoramento del partner, e non saranno mai definitive, acquisite una volta per tutte – produce
- Una tensione angosciosa costante
- Una visione catastrofica di ciò che può accadere se si venisse traditi e/o abbandonati in favore di un altro
- Una svalutazione di sé per non avere impedito che ciò accadesse.
Per vincere la gelosia patologica e trasformarla in una gelosia sana occorrerà lavorare per correggere queste credenze e le regole alle quali rispondono. La gelosia estrema spesso si associa alla totale identificazione di sé con il rapporto amoroso: senza di esso tutto perde senso.
Essere gelosi in modo “sano” significa applicare regole meno rigide, per cui ci fidiamo del nostro partner, anche se non escludiamo al 100% che un giorno questi non si riveli più degno della nostra fiducia. Tutti noi preferiamo che il nostro partner ci consideri come la persona più attraente e desiderabile che conosce, ma sappiamo anche che questo non comporta che non possa trovare altre persone più attraenti di noi. In ogni caso, anche se succedesse, non vorrebbe dire che noi valiamo di meno. È molto importante decatastrofizzare lo scenario temuto: sarebbe molto brutto, ma non la fine del mondo, non la fine di sé stessi.
Per questo motivo una tappa fondamentale di intervento con questi pazienti è il lavoro sull’autostima, ossia rafforzare la fiducia in se stessi. L’obiettivo da raggiungere è far accettare che un rapporto amoroso in pericolo non costituisce la rappresentazione del proprio annullamento o una assoluta perdita di potere.
Bibliografia
Castelfranchi, C. (1988) Che figura: emozioni e immagine sociale. Universale Paperbacks Il Mulino, Bologna.
Dryden, W. (2000) Gelosia come viverla in “sicurezza”. Editori Riuniti Roma.
D’Urso, V., (1995) Otello e la mela. Psicologia della gelosia e dell’invidia. Nuova Italia Scientifica, Roma.
D’Urso, V., Trentin, R. (1998) Introduzione alla psicologia delle emozioni. Edizioni Laterza, Bari.
Mullen, P.E. (1991) Jealousy: the patology of passion. British Journal of Psychiatry, 158, pp. 593-601.
Mullen, P.E., Martin, J. (1994). Jealousy: a community study. British Journal of Psychiatry, 164, 35-43.
Seeman M.V. (2016). Pathological Jealousy: An Interactive Condition. Journal of Psychiatry, Winter, 79 (4): 379-388.
ps